Visione eterna del marchio colto nell’istante sincronico.
Alcuni detenuti
passeggiano nel cortile del manicomio,
costretti nelle loro camicie di forza.
Una guardia lo chiama per nome:
“Vincent!”
Van Gogh si avvicina.
La guardia gli toglie la camicia di forza
e lo porta al cospetto di un prete.
Il prete ha in mano un piccolo quadro
dipinto dall’artista.
Inizia un dialogo.
Van Gogh immagina che Dio
gli abbia dato il dono della pittura.
Il prete guarda con disgusto il quadro
e risponde così:
“È impossibile che Dio
ti abbia dato questo dono
se, come risultato,
riesci a fare quadri così brutti.”
E l’artista:
“Magari sto dipingendo
per essere amato da persone
che devono ancora nascere”.
I due si separano.
Van Gogh è libero e può tornare a casa.
Il prete si vuole sbarazzare
di quel quadro,
che oggi varrebbe una fortuna.
Lo appoggia su una panca,
lasciandolo con il dipinto visibile.
Poi ci ripensa, torna indietro
e gira la tela dalla parte del rovescio
in modo che nessuno,
neanche il più umile
inserviente del manicomio,
possa essere disturbato da quella visione.
Ho descritto con parole mie
una scena del film intitolato
“Van Gogh, sulle soglie dell’eternità”
per giungere, nel confronto,
a questa conclusione:
il marchio
conforme ai codici della Logogenesi
è forgiato con visione eterna.
È ancorato a segni,
gesti e suoni ancestrali
presenti nella memoria
nel cuore delle persone.
È senza tempo.
È colto, percepito e amato
nell’istante sincronico.
Sergio Bianco #logogenesi.
Il marchio, forgiato in virtù dei codici Logogenesi, è senza tempo. Ancorato a segni ancestrali, è percepito e amato nell’istante sincronico.