Senza verità, il tatuaggio fatto per moda è come l’eternit.
Nello scorso millennio,
alla Scuola Elementare Watson,
nell’ora di disegno,
un compagno decise di bere
l’acqua dei colori a tempera.
Lo portarono d’urgenza al Pronto Soccorso
per una lavanda gastrica.
Il commento dei compagni di classe
di fronte a questo gesto sperimentale,
improvviso ed estremo è stato unanime:
“Roberto è proprio un idiota.”
Oggi, molti giovani e persone adulte,
anziché bere l’acqua dei colori a tempera,
si iniettano inchiostri
nel mantello cutaneo del proprio corpo.
Irrorano di veleno vene, arterie e capillari.
Impregnano e permeano la pelle
che assorbe il veleno come una spugna.
È curioso il fatto che queste persone
si illudano che il tatuaggio
non faccia alcun male.
Calciatori, cantanti, divi dello spettacolo
e influencer da milioni di seguaci,
sono gli apripista che giustificano
questa moda collettiva.
Il tatuaggio è come l’eternit.
Una diffusione di veleno di massa
mascherata da fenomeno di moda
per poi vendere, a caro prezzo, l’antidoto,
ovvero la necessaria bonifica.
A questa conclusione
ci arriva anche un bambino delle elementari.
Almeno Lui, il piccolo Roberto,
nella sua conclamata idiozia,
è stato un pioniere,
un lupo solitario lontano dal gregge.
Il tatuaggio è contenuto e forma.
Riguardo al contenuto, lo ribadisco,
il tatuaggio è veleno a orologeria.
Riguardo alla forma, il tatuaggio,
ha la sua ragione di essere
solo in casi rari e particolari,
come un segno tribale
nel contesto di una autentica tribù,
reale o spirituale.
antica o contemporanea.
Il tatuaggio, nella mia visione,
ha quindi valore soltanto
nella sua preziosa ed esclusiva unicità.
Il tatuaggio è connesso al codice del segreto.
Guardate la bellezza di questa immagine.
È bella perché è vera.
Il tatuaggio, per come è generalmente inteso,
concepito e realizzato oggi,
nel momento in cui appare,
nella sua espressione priva di conoscenza
fa perdere forza a chi lo esibisce.
È come un marchio maldestro,
sbaragliato dal dilettante
e approvato dall’incompetente
che, addirittura,
ha il coraggio di identificarsi
con un segno che lavora, inesorabilmente,
giorno e notte,
contro gli interessi dell’impresa o dell’individuo.
Prossimamente parlerò
dei segni invisibili
riprodotti nel nostro inconscio
grazie al potere dell’occhio
e alle sue propretà
del tutto simili alla macchina fotografica.
Intanto, parlando di fulcro visivo,
l’occhio del ragazzo variopinto
coincide con l’incrocio delle diagonali.
Sono certo che ve ne siete accorti.
Sergio Bianco
Logogenesi
La foto pubblicata è tratta dal libro
di Angela Fisher e Carol Beckwith.
Africa. 30 anni di grandi reportage di National Geographic.