4 stazioni e la prigione. A Monopoli non c’è il mare.
Elizabeth Magie, nell’anno 1903,
compie la sua magìa
e inventa il principio base
del futuro gioco Monopoly.
Il gioco viene ricalcato a mano,
con un passaparola di carta carbone
e interpretato dal popolo americano
con personali varianti.
La Società che, alcuni anni dopo,
inventa il Nome e registra il brevetto del gioco,
consacra, nei principi guida,
l’idea originale di Elizabeth
traendone enormi vantaggi.
Nel 1935,
il gioco viene introdotto in Italia
da Editrice Giochi.
Il Nome,
nel rispetto delle parole italiche
volute dal fascismo,
diventa Monòpoli,
senza la Y finale
e con l’accento sulla O centrale.
Lo schema del gioco è un quadrato.
Ci sono 4 stazioni,
nord, sud, est, ovest,
una prigione,
un posteggio gratuito (almeno quello c’è…)
e una serie di strade e piazze
di diverso valore,
da Vicolo Stretto a Parco della Vittoria.
Nel quadrato del gioco
ci sono due mazzetti di carte:
le probabilità e gli imprevisti.
Monòpoli intrattiene, come passatempo,
milioni di persone di tutte le età.
Quanti bambini,
col fiasco di vino in mano,
si sono trovati di fronte
al grande albergo
esclamando la frase:
“sono rovinato!”
Solo nel Monòpoli
questo poteva accadere!
Nonostante celebrità e successo,
il territorio che Monopoli propone,
la mappa, il modello di vita,
l’esperienza sensoriale,
è quanto di più triste si possa immaginare.
I protagonisti sono segnali inanimati
(uno è il fiasco di vino)
che si muovono solo in avanti
col libero arbitrio deciso dai dadi.
Alla fine uno solo stravince
mentre gli altri,
dopo aver ipotecato ogni bene,
finiscono nella totale miseria.
Nel tabellone del gioco non c’è un albero,
non esiste un celeste voliero,
e neppure l’armonia di una linea curva.
Ci sono 4 stazioni in croce,
i soldi da ritirare quando passi dal via,
la prigione
e nulla che evochi la cultura,
l’arte, la spiritualità, la gioia
e soprattutto la Natura.
A Monopoli non c’è il mare.
Non sono ancora stato a Monopoli.
Lo farò quanto prima
perchè, dalle immagini che vedo,
è un luogo incantevole
che si affaccia sul mare della Puglia.
L’ho scoperto di recente.
Cosa mi ha tenuto lontano
da questa meraviglia?
Magari proprio il Nome.
Portofino significa Porto dei delfini.
Paraggi evoca il paradiso
e i raggi del sole.
Costa Smeralda
ricorda la purezza del mare incontaminato,
la lucentezza preziosa del diamante.
Sono solo esempi, è vero,
eppure il Nome determina
l’attrazione magnetica
e il conseguente successo
se coerente con la bellezza reale.
Il Nome
pone l’Impresa nelle condizioni ideali
per avere successo.
Monòpoli, intesa come località,
è stata fortemente danneggiata
dal punto di vista turistico ed economico
dalla presenza di questo gioco asettico
e così lontano dalla dimensione umana
e dalla bellezza della Natura.
Cosa può fare Monopoli per difendersi?
Di fronte a certe circostanze fatali
Monopoli può subire senza reagire
maledicendo il fato avverso
oppure può prendere
il coraggio a due mani
e cambiare il Nome.
Dopo la vittoria su Pirro,
nell’anno 275 a.C.
i Romani trasformarono il Nome Malevento,
teatro della battaglia, in Benevento.
I Romani non erano sprovveduti:
hanno dominato il mondo
e conoscevano la potenza
del Nome e del Segno.
Tutto è fattibile , quindi,
quando la scelta coraggiosa
rappresenta un’evoluzione.
Nel film “INCEPTION”,
proiettato in un futuro non troppo lontano,
Leonardo DiCaprio, nella sua interpretazione,
riesce a introdursi nel cervello
delle persone che sognano
modificando alcuni parametri
e, di conseguenza, cambiando il passato.
In questo senso,
mi piace pensare
che sia possibile risalire al 1903
ascendendo a ritroso
tra i granelli
della clessidra del tempo.
Incontrare Elizabeth
e distrarla al punto
da farle dimenticare il suo progetto…
In questo caso Monopoli,
la città sola,
potrebbe sfoggiare e pronunciare
con orgoglio il proprio Nome
senza generare associazione alcuna
con una vita grigia e inquadrata
senza tramonti sul mare e senza luce.
Monopoli.
Quale sarà il suo nuovo Nome?
È questo il vero gioco,
libero da brevetti,
che può appassionare milioni di italiani.
Prima però occorre andare sul posto,
respirare l’atmosfera del luogo,
sentirne il profumo e la vibrazione.
Altrimenti, come insegna Logogenesi,
come è possibile forgiare
la parola perfetta
che rifletta valori e visione d’Impresa
nel Nome unico?
Sergio Bianco, Logogenesi.