La profondità dell’amore superficiale.
“Profondità dell’amore superficiale”
è un quadro che ho dipinto nel 1999.
Fa parte della serie
“La forza della non gravità”.
Il titolo, esteso in seguito
al Metodo Logogenesi,
ha iniziato a rappresentare
un concetto più profondo,
anzi, più superficiale.
Sono fortunato.
Logogenesi mi porta
ad avere contatti di valore
con diverse persone
e ad entrare in settori
a volte inizialmente sconosciuti.
Passo così
dai laboratori di orologeria
agli interni di mega-yachts,
dalla pasticceria artigianale
alle dinamiche immobiliari,
dai campi da golf
agli istituti di credito,
dalle botteghe di gastronomia locale
ai magazzini di strumenti musicali…
Ogni volta,
la creazione del marchio
e la ricerca della motivazione simbologica
mi portano ad argomenti nuovi
che esploro,
nella mia ignoranza intuitiva,
con il metodo della profondità
dell’amore superficiale:
rendere unica
la prima cosa che viene in mente.
Due domande.
Qual’è il monte più alto d’Europa?
Il Monte Bianco.
E il secondo in altezza?
Veramente non lo so per certo.
Solo i primi, infatti, sono memorabili.
Il Simbolo
è come la stella cometa nell’anno zero:
un’insegna luminosa
che risalta nel cielo
perfettamente riconoscibile in mezzo
a milioni di altre stelle.
Soprattutto, il Simbolo
deve comunicare a re e a pastori;
deve avere la nobiltà dell’animo semplice.
Le cose complicate non servono
poiché non arrivano al cuore.
In questo senso l’idea,
primo codice della Logogenesi,
è frutto della profondità
dell’amore superficiale.
L’idea,
la prima che conquista cuore e mente,
sarà naturalmente connessa ed elaborata
in armonia con i codici della Logogenesi
che sono dodici,
come le ore nel quadrante del tempo.
Il tempo procede in tre modi:
orario,
antiorario
e stop.
Sergio Bianco #logogenesi
Solo i primi sono memorabili,
e gli ultimi sono beati.
Al centro stanno i superabili,
Nelle direzioni dei quattro cardinal lati.
Evviva tutto
Un’idea può illuminare il mondo, ma è Logogenesi che, in modo reale e tangibile, la rappresenta nel pieno della potenzialità trasformando il pensiero nel segno unico.
L’idea si semina, si coltiva, si vede crescere, si pregusta quando ha forma di frutto e poi si mangia. Mangiare l’idea, come diceva Gaber, è la nostra rivoluzione.