Ombra della sera. D’Annunzio illumina la scultura
Gabriele D’annunzio
domina le parole come un Mago.
Lo aveva intuito il senatore Borletti
quando, nell’anno 1917,
chiede a D’Annunzio
di inventare il Nome
per suoi grandi Magazzini.
D’Annunzio accetta l’incarico
per un compenso di 5000 lire.
Per capire il valore dell’ingaggio,
Gilberto Mazzi, nel 1939,
ossia ventidue anni dopo,
incide la canzone
che rappresenta il sogno degli italiani:
“Se potessi avere mille lire al mese”.
Il poeta aviatore,
giustamente stimolato,
sale a bordo del suo aeroplano
e tra una virata e un volteggio
si illumina e illumina la futura Impresa.
Appena atterra
si toglie gli occhialoni e sentenzia:
“Il Nome prescelto è La Rinascente.
È semplice, chiaro e opportuno.”
Quando Gabriele dice “è opportuno”
è cassazione,
come afferma il Professor Bellavista,
filosofo Vesuviano.
Ora D’Annunzio è di fronte
a una scultura etrusca
che risale al terzo secolo a.C.
La statuetta proviene da Volterra
e rappresenta
la figura filiforme di un uomo.
La scultura è alta mm 570.
Pesa 1323 grammi.
È composta al 71% da rame,
14% stagno,
15% piombo.
La testa della scultura
è ragionevolmente proporzionata,
razionalmente invariata
nella sua circolarità,
mentre il corpo si allunga a dismisura.
In principio fu il Verbo.
Vero.
D’Annunzio sublima l’opera etrusca
con un titolo memorabile:
“Ombra della sera.”
È un titolo geniale
perchè è vero.
Sorprende ed emoziona.
Al tempo stesso
tutti lo comprendono,
nella sua semplicità,
poichè tutti hanno avuto l’esperienza
di aver visto e sperimentato
le ombre che si allungano
alla luce del tramonto.
Così funziona il Metodo Logogenesi.
Messaggi e simboli
semplici e immediati
presenti da sempre
nel cuore e nella mente delle persone.
Tornando alla scultura di Volterra,
mi piace pensare
che la circolarità del volto
crei una connessione
e una corrispondenza diretta
tra la sfera dell’ingegno
e la sfera solare.
La scultura etrusca,
opera d’arte senza tempo,
esprime equilibrio
tra la stabilità mentale
e lo slancio dinamico
illuminato dalla ragione.
Alberto Giacometti,
nella sua opera,
si ispira alla scultura etrusca
e afferma la sua Arte
anche grazie a questo titolo,
questo Naming dannunziano,
questo verso poetico
che conferisce valore esponenziale
e luce verbale alla materia.
C’è una foto magistrale di Ugo Mulas,
testimone imprescindibile dell’arte,
che ritrae Giacometti
mentre cammina
tra i personaggi scultorei delle sue opere.
Anno 1962,
XXXI Biennale di Venezia.
Non pubblico questa foto di Mulas
ma vi invito a cercarla.
Così come vi invito a cercare
la mia bicchetta magica.
La bicchetta che ho fotografato,
eretta come un faro,
sulla riva del mare di Camogli
prima che un’onda gentile ma risoluta,
la facesse scomparire nel mare.
Lei, la bicchetta magica,
il suo pregiato inchiostro,
la sua misura geneticamente modificata
e la sua ombra della sera.
Sergio Bianco, Logogenesi