La madre di Whistler: da John Ruskin a Mister Bean.
Il primo scontro
tra un pittore e un critico d’arte
a sfociare nelle aule di un tribunale,
avvenne nel 1874 tra Whistler e Ruskin.
John Ruskin, il più autorevole
critico inglese del tempo,
di fronte al dipinto intitolato
“Notturno in nero e oro: razzo cadente”
accusò, in forma scritta, Whistler, il pittore,
di aver gettato un barattolo di colore
in faccia al pubblico.
Seguì una causa per diffamazione
intentata dal pittore che gli valse,
dopo parecchi anni,
il risarcimento simbolico di uno scellino!
Chissà cosa avrebbe fatto Whistler
se avesse visto il mitico film
“L’ultima catastrofe” di mister Bean…
Mister Bean, semplice custode
della national Gallery di Londra,
si ritrova, paradossalmente,
a commentare il quadro
“La madre di Whistler”,
in veste di autorevole critico,
nel momento in cui il dipinto
viene acquistato
da un collezionista americano.
Ecco la trascrizione della scena
tratta dal film.
“La parola al Dott, Bean,
della National Gallery di Londra.
Salve, sono il Dottor Bean, (a quanto pare).
Il mio lavoro consiste
nello stare seduto in un angolo
ad osservare i dipinti.
Cosa posso dire di aver appreso,
in particolare,
da questo dipinto?
Beh, in primo luogo
che è un quadro bello grosso,
un pregio straordinario,
perché se fosse stato molto piccolo,
che sò, microscopico,
nessuno, temo,
avrebbe mai potuto vederlo
e sarebbe stato un enorme peccato.
In secondo luogo,
e con ciò mi avvio alla conclusione
della mia analisi di questo dipinto,
perché valeva la pena
che quell’uomo seduto là
spendesse ben 50 milioni
di pregiati dollari americani
per questo ritratto?
La risposta è che questo quadro
vale tutti i soldi
che sono stati pagati
perché è un’immagine
della madre di Whistler
e, come ho imparato
frequentando la casa
del mio migliore amico David
e della sua famiglia,
le famiglie sono molto importanti.
E anche se il Signor Whistler
era pienamente consapevole
che sua madre
era un’orrenda vecchia baldracca
sempre ingrugnata
come se avesse un cactus
in mezzo alle chiappe,
lui le rimase accanto
e trovò anche il tempo
di dipingere questo magnifico
e apprezzato ritratto
che non è solo un quadro,
è anche l’immagine
di una decrepita vacca inacidita
alla quale, però,
lui voleva un gran bene,
e questo è meraviglioso.”
Una domanda che cade a fagiolo.
Che differenza c’è
tra l’autorevole commento
di un critico d’arte
e l’analisi costruttiva del logo
eseguita con metodo Logogenesi?
Semplice.
Il critico d’arte, quando commenta
un’opera del presente o del passato,
non ha l’intento di cambiarla.
L’opera analizzata, lodata, innalzata,
sezionata o metaforicamente distrutta,
resta tale
senza che vi sia alcuna intenzione
o indicazione per mutarla in meglio.
Diversamente,
l’analisi critica costruttiva del logo
ha come obiettivo
l’evoluzione benefica del simbolo
a vantaggio dell’impresa.
Tale analisi critica,
eseguita con il metodo Logogenesi,
è un check-up
che passa attraverso i dodici codici:
Idea, originalità, motivazione,
sintesi, chiarezza, riproducibilità,
coerenza, estetica, matematica,
emozione, segreto, racconto.
Si mantengono i punti di forza
e le caratteristiche positive
del logo esistente,
si elimina ciò che è superfluo
(non plus ultra),
le sfumature depotenzianti,
si eliminano gli errori estetici,
matematici e neurologici
e si suggerisce la via per giungere
ad un logo impeccabile.
Dopo il conferimento dell’incarico,
le indicazioni del check-up
saranno quindi applicate in pratica
per operare il restyling del Logo:
l’evoluzione simbolica che mantiene
la riconoscibilità dell’impresa
innescando forza e potere distintivo.
Per le Imprese deboli di Marchio,
l’ultima catastrofe
è ignorare questa possibilità.
Sergio Bianco #logogenesi
L’intento del metodo Logogenesi, nell’analisi critica costruttiva di marchi esistenti, è trasformare e migliorare mantenendo la riconoscibilità dell’impresa.