La Fornarina. Raffaello firma la sua lettera d’amore.
In questo articolo,
prima di RAPHAEL, viene HEINZ.
Heinz Waibl
è stato il mio primo Maestro
riguardo alle radici della grafica pura.
Al termine del liceo scientifico,
ho avuto il privilegio
di lavorare a suo fianco,
allo studio Signo di Milano.
Heinz Waibl,
insieme ad Anna Maria Sironi
mi hanno insegnato
l’arte del rapidograph
a punta fine e poi a punta spessa
applicato al disegno manuale dei simboli.
Mi hanno insegnato anche
a comporre le parole
con caratteri trasferibili Letraset,
a bilanciare la distanza tra le lettere,
l’equilibrio dei pieni e dei vuoti,
i tratti ascendenti e discendenti.
Con queste regole e codici,
che man mano apprendevo ed applicavo,
un giorno imprecisato
dello scorso millennio
mi son trovato
al cospetto della Fornarina,
quadro dipinto da Raffaello
nel 1518-1519.
La Fornarina è un quadro d’amore
dedicato alla donna amata.
Nessuno lo ha commissionato:
nasce in modo spontaneo
dal cuore dell’artista.
Raffaello scomparirà
un anno dopo averlo terminato,
lasciando quel quadro,
olio su tavola cm 60×85,
proprio lì,
nello studio ove dipingeva.
Quel dipinto
è una lettera d’amore senza parole.
Raffaello avvolge un nastro delicato
intorno al braccio sinistro
della Fornarina
mentre Lei,
divaricando lievemente le dita,
indica con la mano destra
la firma che campeggia
in oro su fondo blu:
RAPHAEL URBINAS.
Un sorta di legame di appartenenza,
un sigillo che va oltre
i limiti dell’esistenza.
Molto di più dell’anello,
magari regalato da Raffaello stesso,
fermato alla seconda falange,
secondo la moda dell’epoca.
Grazie alle cognizioni del Lettering
che iniziavo ad apprendere,
quel giorno imprecisato
dello scorso millennio
ho immediatamente intuito
che qualcosa non funzionasse
in quella autorevole firma.
Come è possibile, pensavo,
che un genio come Raffaello
non calcoli
il campo visivo disponibile
e inizi a scrivere con lettere larghe
per poi restringersi,
per mancanza di spazio,
sul finale della scritta?
Analizziamo la firma RAPHAEL URBINAS:
Tra A e P c’è troppo spazio:
l’inclinazione della A
non è bilanciata in modo opportuno.
La I è troppo attaccata,
a sinistra e a destra,
alla B e alla N.
L’ultima A è sacrificata.
È vero che sia da considerare
la rotondita del braccio
ma ugualmente la scritta
non è calibrata bene.
Il genio di Raffaello
si rivela nel tratteggio
tra le due parole:
una sorta di vettore che collega
la grazia della L verso il cielo,
connettendosi
con la parte alta della U latina.
Vettore che però,
per mancanza di spazio,
non si ripete
a conclusione della firma.
In seguito, col tempo,
son venuto a sapere
che alcuni ricercatori
analizzando il quadro agli infrarossi
hanno scoperto che Raffaello
avesse in origine
apposto la firma RAPHAEL URBS
per poi correggere la firma,
nella parte finale, da URBS a URBINAS,
stessa firma che appare
nello Sposalizio della Vergine.
Sono felice di essermi accorto
di questa anomalia fin dal primo istante
senza farmi influenzare dal mito
e dall’aura intimidatoria dei Musei.
Nella mia visione,
così come avviene
nello Sposalizio della Vergine,
Raffaello si emoziona
con un eccesso di confidenza
al momento finale della firma
e commette alcune imprecisioni.
La perfezione della sua pittura
si infrange al confine con il Lettering
dominio nuovo che lo affascinava
ma che non padroneggia
in maniera assoluta.
Mi piace pensare che Raffaello,
capovolgendo la clessidra del tempo
e ricevendo questi suggerimenti
al momento giusto,
li avrebbe accolti e applicati
come un valore prezioso
capace di potenziare la sua Opera.
Questo dimostra
che il Metodo Logogenesi
(il Lettering è parte di esso)
è senza tempo
e può essere decisivo
per potenziare al massimo
visione e valori d’Impresa
nella creazione o nel restyling
di un marchio unico.