Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

La dolce Vita e la simbologia del gatto bianco

 

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“Marcello come here!”

La scena-capolavoro
del film La Dolce Vita di Fellini,
culmina con il bagno
di Anita Ekberg
nella Fontana di Trevi.

Siamo nel 1960,
tra febbraio e marzo.
Come “amarcorda” Fellini,
Anita, nordica svedese,
non ha alcuna difficoltà
a restare a bagno per ore.

Marcello Mastroianni, invece,
temperamento mediterraneo,
per affrontare l’acqua gelida
di quelle notti romane,
viene dotato di una tuta da sub
ma soffre ugualmente il freddo.

Interviene allora
una bottiglia di vodka
per scaldarlo
e dargli la giusta carica.

L’introduzione
della scena della fontana,
la costruzione narrativa
e simbolica della sua magia,
ha due componenti chiave:
il gattino bianco e il latte.

Infatti il problema era questo.
Visto che Anita e Marcello
stavano passeggiando insieme
per le vie di Roma,
come si poteva rendere credibile
lo stupore di Marcello
e come separare momentaneamente
i due personaggi?

Gattino bianco e latte, appunto.

Anita è inquadrata prima e sola.
Si muove, sotto i portici,
con un gattino bianco in testa.
La Diva è unica,
in un atmosfera unica
ed esplora con animo incantato
le meraviglie di Roma
tenendo il piccolo micio bianco
in equilibrio tra i capelli biondi.

Poi vede la Fontana
ed esplode la sua meraviglia.

Dissolvenza della sua figura
che si dirige verso la fontana
intesa come monumentale bellezza
e soprattutto come suono
che inizia a farsi sentire
in modo distinto e prorompente.
Anita, in primis,
si tuffa nel suono dell’acqua.

Marcello arriva subito dopo,
con un bicchiere di latte
recuperato chissà dove.

Per questo i due si erano separati.
Per questo Lei era andata avanti,
senza aspettarlo.

Marcello offre il latte al gattino
e guarda Anita,
nell’acqua della fontana.
Lei lo invita con quella frase
entrata nella storia:

Marcello, come here!

“Ma si, ha ragione lei,
sto sbagliando tutto,
stiamo sbagliando tutto”.
Così commenta
tra sè e sé Marcello
prima di unirsi a Lei nella fontana.

Dal punto di vista simbolico,
ciò che girava
per la testa di Anita,
era semplice,
naturale,
bianco,
puro,
infantile,
istintivo,
vivo,
inaspettato
e meraviglioso.

Se la stessa scena,
fosse stata girata
con il gattino in braccio ad Anita,
anziché sulla sua testa,
avrebbe perso
l’ebbrezza della follia.

Fellini, il Maestro,
ha costruito questo capolavoro
con una libertà di pensiero
e di azione
oggi irripetibile.

In conclusione, la domanda è questa:
quali sono oggi
le frontiere dello stupore
e della meraviglia?

Sergio Bianco, #logogenesi

 

 

4 pensieri riguardo “La dolce Vita e la simbologia del gatto bianco”

  1. Maria Angela ha detto:

    Aspetto un altro argomento grazie buona giornata

  2. Maria Angela ha detto:

    Sino contenta di ricevere i vostri articoli

  3. Ornellaxxxx ha detto:

    Le frontiere dello stupore e della meraviglia sono solo per chi non è divorato dalla solita vita routinaria

    1. logoadmin ha detto:

      come può un miracolo diventare routine?

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