Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Immagine doppia: la volta che ho domato il cavallo

 

cavallo-uffizi-logogenesi

 

Nella pittura, nell’illustrazione,
nella fotografia
e nel dominio dei Simboli,
l’immagine doppia
si manifesta nel contrasto
tra positivo e negativo
compenetrandosi
e dando vita a significati
diversi e contemporanei.

Il Maestro che mi ha introdotto
al fascino dell’immagine doppia
è stato Salvador Dalì.
In quel momento,
esplorando i suoi quadri,
ho compreso il desiderio impellente
che si prova
nel voler condividere il segreto,
ovvero ciò che si svela per caso.

Infatti, l’osservatore che scopre
la doppia chiave di lettura,
stabilisce un rapporto memorabile
con l’immagine stessa
ed è più portato a parlarne,
diffondendo spontaneamente
il messaggio.

Nel Metodo Logogenesi,
l’unidicesimo codice è il segreto,
la chiave nascosta
che genera l’inatteso;
il dodicesimo codice è il racconto,
l’espressione virtuosa del Logo
e la sua capacità di diffondersi
attraverso la narrazione.

In presenza di due immagini
ogni osservatore rispetta
la sua personale precedenza
che in seguito fa fatica a cambiare.
La prima immagine percepita
resterà sempre la prima.

Oggi vi parlo
di un’eccezione a questa regola,
così come è successa a me.

Nella foto, ecco un esempio
di duplice chiave di lettura
presente in un simbolo Logogenesi.
La veduta prospettica degli Uffizi
vista dalla loggia sul Lungarno
e la testa del cavallo
raccolta nella tipica posa
degli scacchi.

Alcune volte,
dovendo incontrare persone
nel cuore di Firenze
fisso l’appuntamento proprio lì:
“Ci vediamo dal cavallo
alle 10 e 10.”

È un appuntamento da intenditori
perchè, in quel preciso luogo,
il cavallo non c’è.
Almeno, non è percepibile.

Il cavallo è come lo zero-zeffiro
portato in Europa da Fibonacci,
uno zeffiro leggero,
capace di generare,
insieme agli altri nove segni,
numeri infiniti.

Ebbene, quel cavallo
ha un’aura infinita
e sente realmente il soffio del vento
perché è un destriero di cielo.
Le sue gocce di sudore
sono un distillato di ultima pioggia.
Si carica di nuvole nere
nei giorni di temporale
per scoprirsi del celeste più puro
quando tutto finisce.
Si, quando tutto finisce
perché il temporale, nella vita,
è una questione temporale.

È un cavallo pezzato di nuvole,
come i mustang degli indiani,
oppure appare di notte
con una stella sulla fronte,
unica, naturale e distintiva.

La prima volta che l’ho visto,
la volta che ho domato il cavallo,
è stato come Bucefalo per Alessandro.
È stata una visione contemporanea:
senza prima nè dopo.

Appoggiato al muretto
sotto la loggia del lungarno,
con lo sguardo rivolto
al Palazzo della Signoria,
contemporaneamente,
cavallo e volta del cielo
erano e sono la stessa cosa.
Memorabile come la prima volta.

Sergio Bianco, Logogenesi

 

 

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