Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

Il Duomo di Busalla si sfiora sognando il mare.

 

Duomo-Busalla

 

Di ritorno dall’aeroporto malpensato,
mentre, di notte,
sono impegnato a guidare nelle curve
dell’autostrada Serravalle-Genova,
appare, tra fumi d’incenso,
illuminato nel suo splendore lunare,
il Duomo di Busalla.

È una visione onirica,
un miraggio nel viaggio
che si materializza,
come direbbe De Gregori,
dopo una serie di svincoli micidiali
tipici della Liguria.

A volte, dico io,
il Duomo di Busalla appare all’improvviso
svelato da un sipario teatrale di TIR.
Lamiera al posto del velluto.

Le guglie del Duomo,
punte di trapano a spirale ascendente,
si stagliano nel cielo,
rischiarate da luce elettrica spettrale.
Illuminismo industriale puro.

La Tour Eiffel unisce ferro e bulloni
per generare
uno dei monumenti più amati.
La torre parigina, alla sommità,
specificando le distanze chilometriche
che la separano dalle più importanti città
si pone come fulcro visivo, al centro del mondo.

Il Duomo di Busalla
potrebbe azzardare un’idea simile
indicando le distanze dai vari pianeti
per dare l’illusione
di essere al centro dell’universo.

Il Duomo di Busalla non si tocca,
si sfiora, si accarezza come idea.

Non ti viene voglia
di uscire al primo casello
per salire sulla guglia più alta.
È il Duomo di chi sogna il mare,
levante o ponente che sia.

Per questo motivo
la visita del Duomo di Busalla
si consuma tra una curva e l’altra
e poi non ci pensi più.

Pensi solo al mare.

Eppure , mentre sei immerso
nella prima galleria,
ti viene il dubbio di aver visto qualcosa
tra i fumi d’incenso,
nell’intrico
di quelle guglie industriali.
Una sagoma di ferro,
simile a un gargoyle
con una curva spezzata
di sorriso serpentino
da Serravalle al mare.

O forse quella sagoma di ferro
era soltanto un alibi arrugginito.

Sergio Bianco, #logogenesi

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