Scritti di Sergio Bianco nel dominio dei Simboli.

La creazione del marchio ha bisogno di spazio, tempo e luce.

 

Faro-Portofino

 

L’anno luce di origine
mi regala una giornata luminosa.

Una giornata di nuoto
nel mare e nel cielo azzurro di ottobre,
in stile dorso, naturalmente,
il vero stile libero.

Una giornata di bici
nel “Giro di Paraggi”,
il tour del piano sul mare
con la camicia bianca svolazzante.

Una giornata di fogli scritti a mano,
mentre l’altra li tiene stretti,
altrimenti volano via.

È il 4 ottobre.
Ora del tramonto.
Sono al faro di Portofino.

Ho scavalcato coraggiosamente la ringhiera
spingendomi oltre,
fino alla roccia a precipizio sul mare.

Due pini, orizzontali e contorti,
uno a sinistra e l’altro a destra,
mi tranquillizzano dalle vertigini.

Spilucco uva della Puglia.
L’uva si chiama Italia, il paese che amo.

Ogni acino, stretto lentamente tra i denti
cede fino allo schiocco, esplosione di dolcezza.

Un acino sarebbe sufficiente
per nutrire anima e corpo,
se fossimo capaci, io per primo,
di comprendere
la magia delle cose piccole,
uniche e irripetibili,
senza desiderare subito un’altra cosa.

Spilucco uva e scrivo.

Scrivo come se avessi
un appuntamento
con milioni di lettori.
Da oltre un anno, ogni giorno,
pubblico su questo blog
un articolo sulla forza dei Simboli
creati in virtù dei codici della Logogenesi.
Simboli che nascono con Metodo scientifico,
è vero,
ma anche per effetto
di una misteriosa e magica sincronicità
con fenomeni esterni
semplicemente da ascoltare e decifrare.

La creazione del Marchio
ha bisogno di spazio, tempo e luce.

Errare è la soluzione giusta,
errare è umano,
errare nella Natura è perfetto.

Sergio Bianco
(scritto il 4 ottobre e pubblicato oggi)

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