Musica di andata e di ritorno. La direzione del suono.
La direzione del suono.
La direzione dell’immagine.
La direzione del segno.
L’aereo viene fotografato sulla pista
mentre è pronto al decollo.
Se la fusoliera è rivolta a destra,
è viaggio di andata.
Se la fusoliera è rivolta a sinistra,
è viaggio di ritorno.
Ad alcuni può sembrare strano ma è così.
La direzione è un vettore
che conferisce significato al simbolo.
La direzione è anche un suono.
Nello scorso millennio,
ai tempi del liceo,
ho conosciuto Laura,
una bella persona
con senso della musica innato.
Laura suonava a orecchio
in modo istintivo e straordinario.
Il piano era il suo forte.
Laura, in quel tempo, non leggeva la musica
ma divideva le note in due categorie,
le note felici, i maggiori,
e le note infelici, i minori.
Un giorno, senza avvisarla,
qualcuno l’ha iscritta alla Corrida,
dilettanti allo sbaraglio.
Così ho rivolto il cofano
della mia 126 a destra, verso Firenze
e siamo andati insieme negli studi radiofonici
della Corrida, trasmissione presentata da Corrado.
Cosa suoni? le chiedo.
Non lo so, risponde Lei.
Poi, negli studi della trasmissione,
si siede al piano a coda di sirena
e attacca con Honky Tonk Train Blues
arrangiata tipo Keith Emerson,
ma, secondo me, meglio.
L’esito è scontato.
Laura sbaraglia tutti
e vince un televisore a colori.
Paradossalmente, il televisore
è un oggetto che detesto
ma quel giorno,
quel televisore aveva un sapore particolare.
Nel viaggio di ritorno,
cofano puntato verso sinistra,
Laura mi racconta che le musiche,
nella sua percezione istintiva,
si dividono in due categorie:
le musiche di andata e le musiche di ritorno.
In effetti, ancora oggi
quando ascolto musica strumentale
riconosco questa duplice direzione sonora.
La musica di andata è con te
quando ti svegli con l’intenzione
di realizzare quella missione,
quel progetto, quell’avventura.
La musica di ritorno
è la sottile malinconia,
mista a stanchezza e gloria
che ti pervade
dopo aver combinato qualcosa di buono.
È la musica che ti fa tornare,
come ETA BETA,
a dormire, anche per poco,
sul pomo del letto,
in modo sereno e profondo
in attesa di albe ribelli
e di una nuova storia da raccontare.