L’unico orologiere che non ammetta i secondi.
Appunti di viaggio.
Questo articolo,
con profonda gratitudine e amicizia,
è dedicato
all’unico orologiere al mondo
che non ammetta i decimi
e neanche i secondi.
Il suo Nome è Valter Franco Ricci.
Ho avuto la fortuna e la sincronicità
di incontrarlo nell’anno 1994.
Valter Franco Ricci
aveva rilevato Astrua,
storica concessionaria Rolex di Torino,
e mi contattò,
attraverso Pineider 1774,
che mi rappresentava in Italia,
per lo studio del Marchio.
Un ottimo indizio
per comprendere l’unicità di Torino,
è il cartello stradale
posizionato all’ingresso della città:
“Benvenuti a Torino,
prima capitale d’Italia.”
Torino utilizza tre parole assolute
per esprimere il primato politico perduto
senza dimostrare per questo
il minimo imbarazzo.
La prima cosa
che si tocca con mano,
entrando nella storica concessonaria Rolex,
è la maniglia con i delfini.
Ricordo che Valter,
nel nostro incontro di conoscenza,
mi fece entrare e uscire, idealmente,
dodici volte da quella porta
per capire il significato di quel tocco
e di quel gesto, prezioso come un rito.
Il Simbolo Astrua, quindi,
doveva contenere questa icona
e non doveva sembrare nuovo
ma apparire
come la riscoperta di un segno
da sempre presente
nella memoria e nel cuore
dei Clienti e della città.
Ho immaginato così
il quadrante dell’orologio,
le cinque tacche che scandiscono il tempo
prima e dopo mezzogiorno
(passato, presente e futuro)
e ho disposto
le code di due delfini contrapposti
come ideali lancette,
alle 10 e 10,
ora istituzionale in cui sono immortalati
gli orologi nel mondo:
l’ora del sorriso.
L’ingranaggio è disegnato
come una corona,
simbolo regale
che rivela la precisione dei meccanismi.
In seguito all’approvazione del progetto
la nostra collaborazione
è diventata intensa.
Valter mi chiamava “Mogol”
perchè, oltre ad aver risolto il Marchio,
parlavamo insieme di filosofia del prodotto
e scrivevo ed elaboravo
le sue intuizioni
generando una comunicazione poetica
fondata su testi emotivi
chiari e profondi
per stabilire una connessione memorabile
con il Cliente introducendolo
ad una esperienza sensoriale.
Un ristorante di Ovada,
a metà strada tra Torino e Camogli
diventa così il ritrovo stategico:
una tavolo per cenare e altri tavoli intorno
per consultare i disegni
e le prove di stampa.
Nasce così
la leggenda dei maestri orologieri
che, nella luce silenziosa
delle soffitte di Ginevra
vivono con passione senza tempo
per mettere a punto
quei meccanismi perfetti
che il tempo misurano.
In quel tempo andavo
all’Università di Ovada,
università di perfezione
e ricerca assoluta di ciò che è primo,
con il compito di portare sulla terra
idee invisibili
respirate da Valter
tra Parigi e la Provenza.
Un giorno Valter
ha provato a regalarmi
un bellissimo orologio.
Lui era convinto che
una persona col mio talento,
dovesse curare maggiormente il look
e l’aspetto esteriore.
Io invece sono sempre stato al naturale.
Nella mia visione, ad esempio,
la Porsche è un’auto scomoda
perchè dentro non ci sta neanche
uno dei miei quadri…
Così quel giorno l’ho ringraziato
e non ho accettato l’orologio in dono.
Ancora adesso, in piena libertà,
non porto orologio
e non porto nulla del genere addosso.
Ho un orologio sottocutaneo
che mi fa arrivare puntuale
e osservo con incanto
le lucertole che si arrampicano
sui muri tiepidi dei campanili.
Domani parleremo ancora di orologi.
L’articolo uscirà, come di consueto,
alle ore 5,55 del mattino.
A quell’ora, in cui sono nato,
le strade sono libere,
Jovanotti torna a casa,
i fornai sfornano fragranti poesie,
gli intenditori si tuffano a Paraggi
col primo sole radente sull’acqua
e la vita è più bella.
Sergio Bianco #logogenesi