Pensiero collettivo. Anche se non sei capace, puoi.
Non mi intendo molto di computer
e alta tecnologia.
Li considero un mezzo
per arrivare a fare ciò che desidero.
Eppure,
quando questa tecnologia non esisteva,
quando non c’erano programmi vettoriali
per creare simboli perfetti,
quando era impensabile
ritoccare un’immagine in pochi secondi
e inviarla dall’altra parte del mondo,
io non solo l’ho immaginata,
questa tecnologia,
ma l’ho anche fortemente desiderata,
come i desideri (de-sidera)
che provengono dalle stelle.
Non ero capace di realizzare
ciò che per molti era impossibile
e l’ho chiesto a gran voce
creando insieme ad altri sconosciuti
un’intenzione di livello superiore.
Mi piace pensare
che la mia immaginazione
(in me mago agere)
sia stata realmente il mago
che ha agito insieme ad altri
portando a un risultato.
Uomini alberi
protendono le loro braccia di rami
e slanciano le mani aperte
come celesti volieri.
Il pensiero collettivo
nasce da gesti semplici.
Piccoli pensieri.
Esempi perfetti perché inconsapevoli.
Limpide intenzioni
capaci di cambiare il mondo.
Queste osservazioni
entrano nell’aria,
si integrano, si uniscono,
interagiscono.
Il vento le porta via
e le trasforma in bianche nubi.
In principio rarefatte.
Poi sempre più nitide e chiare.
Tutti le possono vedere
quando si stagliano
nel grande schermo.
Sono simboli creati da un occhio puro.
Prima unico e,
un istante dopo, molteplice.
Un occhio che non sa scrivere
ma che non smette di osservare.
“Se dici stelle, stelle avrai”.
Quante volte
ha giocato con una frase simile?
Lo scrittore orale
non risponde a se stesso.
Egli rivela nel nome
l’ironia del proprio destino.
Egli non si sente propriamente felice
dal momento che non sa
che il suo limite
è il suo punto di forza.
Il suo limite
è l’origine di un pensiero universale
che forgia ciò che appare come realtà:
L’ispirazione.
Sergio Bianco
Il custode dell’angelo