Il gioco dell’oca e la beata normalità perduta
Il gioco dell’oca, inteso come titolo,
è un’allitterazione.
Oco-oca.
La ripetizione si manifesta
con una minima variante sonora
che genera un’àncora che si immerge
nella memoria di chi ascolta.
Il gioco dell’oca
è un percorso a spirale,
sviluppato in senso antiorario,
costituito da 63 caselle numerate.
Alcune caselle
sono contrassegnate da simboli:
il ponte, l’osteria, il pozzo,
la cavallina, l’uccello, la scala,
la fontana, la torre,
la prigione, la morte…
Ogni simbolo corrisponde
a un pegno o a uno spostamento
lungo il percorso,
in avanti o a ritroso.
Il Simbolo dell’oca,
ripetuto durante il percorso,
consente di raddoppiare,
nel movimento,
il numero che appare
nella gettata dei due dadi.
Il gioco dell’oca
è estraneo a qualsiasi abilità:
il giocatore, per vincere,
non deve fare alcuna scelta,
alcuna mossa che riveli astuzia,
intelligenza, conoscenza.
Il giocatore non deve attuare
alcun piano strategico.
Un bambino dell’asilo
puo battere un genio
della Normale di Pisa
tre volte su tre.
Il giocatore tira semplicemente i dadi
e assiste, con una visione dall’alto,
al dipanarsi del suo viaggio
in una sorta di labirinto a spirale.
In questo senso, il gioco dell’oca
è un gioco tranquillizzante:
non devi dimostrare nulla,
tutti concorrono alla pari.
La vittoria
dipende esclusivamente dalla sorte,
con i suoi capovolgimenti improvvisi.
Vince chi arriva esattamente
alla casella finale,
la numero 63.
Non plus ultra.
Chi supera la casella 63
è costretto a tornare indietro
svelando un fatto anomalo
rispetto alla realtà:
non è detto che il probabile vincitore
sia il giocatore più vicino all’arrivo.
Nel gioco dell’oca
il pronostico è utopia.
Il gioco dell’oca,
in contrasto con la sua semplicità
ha stimolato interpretazioni profonde
connesse alla cabala, alla numerologia
e al significato dei simboli.
Personalmente sono affascinato
dal caso sincronico,
quando incontro simboli
e riconosco segnali che si manifestano
nella dinamica del percorso quotidiano
e non certo nella staticità di un gioco
che si svolge senza abilità,
senza mestiere e senza merito.
L’oca, in araldica,
è simbolo della custodia
e della vigilanza.
Oltre all’innocenza rilassante del gioco,
che alcuni possono apprezzare,
l’oca può renderci vigili
su un aspetto importante.
Magari è proprio la mutazione,
repentina e inevitabile,
l’insegnamento più interessante
del gioco dell’oca:
il capovolgimento improvviso,
la svolta fatale della vita
che idealizza, alcune volte,
la beata normalità perduta.
Sergio Bianco, Logogenesi